Pin me down
Reduci di un lungo periodo di immobilismo forzato, torniamo ad esplorare i concetti di spazio, tempo e movimento con una delle pratiche fotografiche più antiche: la pinhole photography. Mediante l’uso del foro stenopeico, un buco largo pochi decimi di millimetro, la luce filtra nel corpo macchina traducendosi sulla superficie della carta sensibile. Si cattura così un mondo distorto, ribaltato, senza filtri o obiettivi, dal forte potere espressivo e catartico. Parole come sensibilità, esposizione, riflessione in questo contesto assumono una valenza tecnico-emotiva su cui fotografo e soggetto possono dialogare immersi nella natura del Parco delle Cascine, inscenando una realtà che rifugge dalla nitidezza del particolare per assume i contorni onirici del sogno.