111
MANIFESTO POLITICO POETICO DEI CITTADINI
L’ARTE DEL GESTO | COSTRUIRE LA CITTÀ
Il manifesto 111 è una raccolta di punti, frasi e affermazioni sull’abitare e sull’operare nei territori attraverso l’arte del gesto.
Nasce all’inizio del 2020 a Firenze, grazie all’incontro di numerosi cittadini che, partendo dalle loro esperienze dirette sulle pratiche del gesto e la relazione con il territorio, hanno riflettuto sui temi dell’”operare in vita” e sulle risposte che la politica potrebbe intraprendere per volgere lo sguardo verso un concetto di città che viene.
I cittadini si sono incontrati spontaneamente, raccogliendo l’invito fatto da Virgilio Sieni e grazie alla collaborazione di Giulia Mureddu, Delfina Stella e di tutti gli operatori dell’Accademia sull’arte del gesto per riflettere su alcuni temi urgenti che già avevano dato vita, nel dicembre 2019, insieme ai cittadini di Matera ad un importante documento; temi condivisi nelle varie esperienze anche con i cittadini di Napoli, Udine, Ruvo di Puglia, Mantova, Bologna, Roma, Genova, Livorno, Pistoia, Milano, San Sepolcro, Palermo, Torino, Venezia, Brescia, Novara.
Sono pratiche “popolari” con il fine di riattivare il ruolo di cittadino partecipatore e che accolgono persone di tutte le età, abilità e provenienze. Sono pratiche che hanno l’obiettivo di creare e sempre rinnovare un paesaggio, un sentire comune attraverso il gesto: atto simbolico di conoscenza e condivisione.
Le affermazioni del manifesto 111 vogliono presentare il lavoro compiuto fino a questo momento e la necessità di continuare e diffondere queste pratiche volte alla cura, all’accoglienza, alla sensibilità e alla cooperazione, avvicinandosi sempre più ad ideali che definiscono l’arte come un indispensabile strumento di partecipazione sociale, territoriale e politica.
Sono 111, non 11 e non 100, perché per leggerli è necessario soffermarsi, sospendere il tempo e dedicare l’attenzione all’irregolarità, all’imperfezione che li compone e al divenire politico che li definisce.
Ogni punto porta con sé il carattere empatico di un gesto rivolto all’altro. Il senso di apertura, politica e poetica, risuona da un’affermazione all’altra, lasciando tempi e spazi di attesa, di sospensione tra concetti che richiamano alla cura degli spazi, alla crescita dell’individuo e al senso di comunità.
1
Abbiamo bisogno di creare, curare e sviluppare spazi dedicati alle pratiche del gesto per percorrere le strade della consapevolezza del corpo.
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I luoghi dell’incontro nascono dall’evolversi di progetti nella continuità dell’esperienza, dando durata ai cambiamenti condivisi, operando per la realizzazione vantaggiosa di contesti e comportamenti, creando le condizioni per la crescita attraverso il desiderio della novità e coltivando l’accoglienza.
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Il corpo ci indica il continuo mutamento del territorio e le modalità, l’intensità e l’attenzione per operare nei tratti emozionali della geografia della città.
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È necessario rivolgere l’attenzione alle esperienze artistiche che tendono al dialogo e alla trasmissione, proponendo eventi che non si esauriscono nel loro svolgersi.
5
Riteniamo salutare confrontarci con i processi di costruzione ed elaborazione della comunità attraverso l’articolazione di esperienze in una geografia di luoghi diffusi.
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Richiediamo attenzione e tatto nell’abitare gli spazi pubblici, costruendo continuamente una percezione accogliente e creativa dei luoghi.
7
Riconoscere le fragilità e le debolezze fortifica il bisogno di conoscenza, elaborando strategie condivise che favoriscono il cambiamento.
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Desideriamo costruire le nostre comunità nella bellezza, evolvendo e creando spazi della relazione con l’altro e sviluppando l’attenzione all’ambiente.
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La nostra convinzione è che la frequentazione di pratiche relazionali attraverso il gesto e il desiderio di cambiamento infondano sicurezza e fiducia negli individui, nei luoghi cittadini e nella vita sociale.
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Intendiamo operare nei dettagli del territorio e per la formazione dell’individuo, nella convinzione che la paura nasca dalla disgregazione dei valori di vicinanza e di cooperazione.
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Definiamo il gesto rivoluzionario perché è un atto di resistenza.
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È rivoluzionario il gesto elaborato dall’ascolto rivolto all’altro e alla natura, il gesto che resiste alle tentazioni semplicistiche e consumistiche.
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È rivoluzionario il gesto che tende a sospendersi dall’aggressività e dall’arroganza.
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È rivoluzionario il gesto che si riconosce nel suo continuo evolversi e mutare, nel suo inesauribile ascoltarsi e riconoscere il banale.
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Riteniamo fondamentale riflettere sui passi da compiere per ampliare le esperienze di attenzione allo spazio del corpo e all’ambiente, ricercando interazioni e accogliendo le richieste del territorio.
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Il territorio ci forma alla vita e noi abbiamo la responsabilità di formarci alla cura degli spazi.
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Formarsi agli spazi è saper accogliere le cose intorno, creare quotidianamente le tecniche che ci fanno dialogare con il nostro istinto.
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Formarsi agli spazi significa frequentarli, non occuparli, rintracciando con attenzione gli indizi della fiducia reciproca costruendo modalità e implementazioni che rinnovano il senso dell’abitare.
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Frequentare con spirito di rinnovamento un luogo ci istruisce su ciò che è presente e che non vediamo.
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Desideriamo esercitarci al gioco della fiducia scalfendo le abitudini e trovando nuovi modi di agire e relazionarsi con l’ambiente.
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Resistiamo alla velocità del quotidiano, concedendoci un tempo e uno spazio per fare esperienza attraverso la consapevolezza rivolta al corpo.
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Il corpo è la soglia da ricercare in ogni momento perché ci avvicina e ci espone agli altri.
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Ci rivolgiamo al desiderio di giocare per riformulare le nostre azioni e meglio comprendere le necessità ambientali, salvando il senso di comunità.
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Insieme facciamo esperienza del senso della fiducia nell’altro, esplorando territori e pratiche fondate sulla diversità dei linguaggi, con il coraggio di affrontare esperienze poetiche e sociali altrimenti impossibili.
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Abbiamo necessità d’interazione con il territorio: esso è composto da luoghi abitativi, che nella loro diversità richiedono cura.
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La frequentazione ritrovata degli spazi e la continuità delle pratiche ci indicano la necessità di una dimensione temporale nuova che desideriamo mantenere e accrescere.
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Richiediamo “il tempo della gentilezza”, un tempo per favorire l’incontro tra l’essere umano e la natura.
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Nelle città dove viviamo abbiamo perso il senso di vicinanza con i luoghi d’arte, con i luoghi simbolici, con i dettagli di una geografia ricca di margini preziosi, con le diversità che la qualificano. Per questo vogliamo riappropriarcene creando una città abitabile, favorendo le relazioni, i travasi e le risonanze.
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La città deve elaborare “i nuovi atelier delle idee” e proiettarsi verso le diversità che la rendono partecipe al mutamento.
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Ci interessa far crescere un senso di attrazione verso luoghi unici della città che si scoprono e si fondano a partire dalla voglia di ricercare spazi, nel piacere di trovare la diversità.
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Desideriamo continuare a operare per una città da camminare, dove le persone sono cullate dalla qualità diversificata delle attività, dalla piacevolezza della sosta, dalla disponibilità all’incontro, dalla percezione di un tempo del respiro.
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Ci impegniamo per costruire una città da abitare non da abbandonare, da curare non da spremere. Una città che possa accogliere le trasformazioni sociali, umane, emozionali, economiche, poetiche.
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Intendiamo operarci per una città che risponde alla necessità della comunità, cooperando.
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Non vogliamo essere condizionati dalla superficialità consumistica e dalle semplicistiche e illusorie soluzioni dei conflitti. Rispondiamo elaborando pratiche di solidarietà.
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Intraprendiamo il cambiamento, la convergenza delle idee, il riconoscimento dell’altro, del convivere, del coabitare, mettendo in atto pratiche sulla conoscenza reciproca, facendo riferimento ai valori inabituali dell’attrazione verso l’altro la natura e le cose.
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Noi cittadini, adulti e bambini, viviamo i luoghi rispettando il brulichio degli elementi nascosti.
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Desideriamo sviluppare dialoghi con le esperienze già presenti nei luoghi, ricercare le soluzioni convenienti per affrontare la complessità dell’interazione.
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Facciamo pratica del benessere nel rispetto della persona e nel dialogo con la natura, attraverso esperienze che cercano una frequentazione rinnovata dei territori.
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Ci rivolgiamo alla sensibilizzazione, alla gentilezza, all’empatia e al coraggio.
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C’è una pratica che ci è sempre consentita, quella di non sentire estraneo nessuno, di toccare quanti incontriamo con gesti interiori.
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Abbiamo agito nei luoghi delle nostre città vivendoli pienamente, elaborando tecniche di accoglienza e di ascolto, formalizzando i movimenti in dialoghi continui con l’ambiente.
42
Abbiamo agito nei luoghi delle nostre città: ora li sentiamo anche nostri.
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Sentiamo il nostro corpo come un tramite che può rispondere alle esigenze del paesaggio.
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La città deve essere un laboratorio aperto a tutti, il risultato di esperienze che stimolano al continuo dialogo tra le istituzioni e i cittadini: bambini, adolescenti, adulti e anziani.
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Facciamo esperienza di come la frequentazione dei luoghi, parallelamente alla crescente consapevolezza del corpo, crei gli strumenti della cooperazione e del benessere.
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Partecipiamo attivamente alla costruzione della città lasciandoci coinvolgere dai dettagli poetici.
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Siamo contro la diffusione demagogica della paura e in favore delle pratiche che ci aiutano a frequentare lo spazio tattile e inclusivo.
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Quando lavoriamo con continuità negli spazi aperti di un quartiere della nostra città, cogliamo con gioia il senso di novità che prolifera dal luogo.
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Prendersi cura dei luoghi, richiede tempo e ci stimola una sensazione positiva e ci invita al piacere del fare.
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Desideriamo sviluppare la relazione tra corpo, spazio e comunità.
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Auspichiamo la creazione di una geografia di luoghi e di emozioni formata dall’attenzione rivolta ai dettagli del paesaggio, donando così diversità al territorio.
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È fondamentale tornare a frequentare l’aperto, camminare, sostare, creare, sviluppando la sensibilità all’accoglienza, l’abitudine all’incontro, combattendo la diffidenza nel diverso.
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In un mondo dove tutto ha un valore consumistico la gratuità del gesto e la valorizzazione del corpo senza fini produttivi attiva un processo di consapevolezza umana potente e rigenerante.
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È il tempo di equilibrare la deriva posturale dell’accentramento delle attività, dei luoghi del commercio stratificato.
55
La nostra esperienza ci proietta verso un mondo dove intuiamo e intravediamo il nostro essere partecipanti attivi e creativi.
56
Tutti noi siamo condizionati da quello che vediamo e ascoltiamo. È oggi di vitale importanza iniziare una cura per la bellezza dei territori, rivolgendo l’attenzione ai processi partecipativi.
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Vogliamo attuare una politica che semina nella fertilità delle cose meno appariscenti e nella potenza della partecipazione.
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Abbiamo necessità di percepire un pensiero politico che si evolve contro i pregiudizi, favorendo le esperienze rivolte alla delicatezza dell’incontro e rispondendo alle mode con la complessità che identifica le imperfezioni.
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Garantiamo il diritto all’opacità della persona e del territorio: il diritto di andare oltre la superficie spesso esclusivamente consumistica.
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Favoriamo gli incontri e le ricerche che restituiscono un territorio vitale nella sua articolazione di cose nascoste e che le persone ricompongono camminando.
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Siamo contrari all’idea invasiva degli eventi commerciali di massa e in favore di un’articolazione organica delle diversità, così come ci istruisce la natura del corpo.
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Vogliamo aprire un varco di conoscenza tra i luoghi pubblici e privati, al chiuso e all’aperto.
63
Nelle nostre pratiche incontriamo l’altro in una dimensione di ascolto, dialogo, fiducia e accoglienza. Per noi, sono le basi della conoscenza e della convivenza.
64
Praticare il gesto ci permette di liberarci dalle convenzioni e scoprire nuovi modi di imparare.
65
Emergono tracce tangibili di sostegno, aiuto e guida dalle pratiche rivolte al gesto e in questo senso intendiamo preparaci all’ascolto del territorio.
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Attraverso il gesto ci si dichiara senza parola, ci si svela negli aspetti più nascosti, intimi e fragili.
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La continua attenzione rivolta alle emozioni scaturite dall’arte del gesto ci permette di tornare alla parola più lucidi e consapevoli.
68
Praticare il gesto senza uno scopo produttivo ci permette di conoscere l’altro in una diversa completezza, facendo emergere emozioni e sensazioni nascoste, scoprendo le novità della vicinanza e aprendo varchi di conoscenza.
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Praticare il gesto, mettersi in opera attraverso la consapevolezza rivolta al corpo, significa tendere verso l’equilibrio esistenziale dell’individuo e la comprensione del territorio.
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Operare nel territorio crea un ampliamento del senso di cittadinanza in risposta ad una città invasa dai turisti.
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Le persone che cooperano attraverso le pratiche sui linguaggi del corpo in relazione al paesaggio, costruiscono inedite comunità del gesto che elaborano al loro interno fasi democratiche di relazione.
72
Le comunità del gesto rappresentano delle esperienze per la costruzione della democrazia che interagisce con la libertà del gesto.
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Le comunità del gesto si formano spontaneamente attraverso cicli d’incontri che accolgono persone di ogni età, provenienza, abilità, stabilendo inedite forme di relazione.
74
La libertà del gesto nasce dalla sopraggiunta consapevolezza sull’origine del gesto. Ognuno di noi pratica il senso di “provenienza” per poi dislocare quest’energia nel movimento.
75
Le comunità del gesto generano un senso di appartenenza, accettazione di sé e dell’altro, solidarietà e responsabilità.
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Le comunità del gesto sono inclusive perché costruiscono occasioni di coinvolgimento per tutti e resistono al degrado e all’emarginazione: noi ci riconosciamo nell’imperfezione!
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Nelle esperienze e nei progetti sulle pratiche del gesto in relazione al paesaggio, la bellezza diviene qualcosa di accessibile attraverso una ritualità collettiva che rivela il potenziale simbolico e poetico del gesto e del luogo.
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Crediamo nella forza dell’immaginazione che rende l’invisibile uno spazio privo di limiti, capace di creare meraviglia, scoperta e desiderio.
79
Nella comunità del gesto lavoriamo sul senso di fragilità, attraverso un ascolto percettivo fondato sull’attesa, vivendolo come una civile e laica scoperta di una ricchezza culturalmente sommersa.
80
Attraverso le esperienze delle comunità del gesto impariamo e siamo coinvolti in una crescita costruttiva, fatta di piccoli e lenti cambiamenti.
81
Le comunità del gesto perseguono pratiche che richiedono la partecipazione attiva dei cittadini, stimolando il concetto di democrazia in relazione alla liberazione del gesto.
82
Intendiamo elaborare risposte positive alla forza della gravità: vogliamo utilizzare la risonanza, il riuso positivo delle forze attrattive, per non cadere nella simulazione di comportamenti negativi che si irradiano in contesti pessimistici della quotidianità.
83
Desideriamo raggiungere gli obiettivi futuri attraverso la resistenza e la lentezza, diluendo l’errore nel tempo.
84
La lentezza ci permette di considerare il modo di aiutare l’altro, come sostenerlo, per poi agire in futuro nell’estrema urgenza.
85
La lentezza del processo, così come salvare la continuità delle cose, ci aiuta ad abbattere le barriere, ci educa alla fiducia e al gioco, facendo emergere ciò che si tiene nascosto.
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Affermiamo che la lentezza ci allena a sospendere il tempo, creare attese e silenzi.
87
Lentezza significa percepire tutte le incrinature e le diversità di un gesto, renderlo vivo in ogni molecola, allenarsi ad una velocità vertiginosa che non tralascia la radice del nostro spostarci e del nostro vivere e abitare.
88
Lavorare sul corpo per noi vuol dire conoscere il luogo dove siamo nati, rinascere, sperimentare la bellezza attraverso un percorso sull’abbandono di alcuni degli schemi abitudinari.
89
La nostra azione politica è la frequentazione dei luoghi da considerare sempre sorgivi formalizzando le strategie per un nuovo uso.
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L’attenzione al gesto è una scoperta multisensoriale, è consapevolezza del respiro, della pelle, delle vibrazioni e dello spazio tra le cose e gli altri.
91
Esprimiamo la necessità di ascoltare l’ambiente, di non offenderlo, difendendoci dall’ignoranza.
92
Ci sentiamo aptici, siamo per una città aptica, cioè un corpo, una persona, che si costruisce grazie all’interazione con lo spazio.
93
È la consapevolezza rivolta al movimento, la capacità di spostarsi, il desiderio sempre nuovo di irrorarsi della natura, a costruire una città diversa.
94
Gli spazi della periferia devono interagire con gli altri spazi simbolici della città.
95
La nostra esperienza di passaggio dalla periferia al centro e viceversa ha fatto rinascere in noi la percezione di una polis armonica.
96
Dobbiamo andare oltre i preconcetti antiquati sul valore degli spazi. La periferia rappresenta un’opportunità di crescita culturale e un laboratorio privilegiato per gli artisti contemporanei.
97
Ogni spazio sensibilizzato dall’arte rappresenta per noi un’officina d’idee e pratiche da condividere con tutti.
98
La diversità espressa dalla periferia va raccolta per modellare le nuove traiettorie in movimento della geografia culturale.
99
Dobbiamo continuare a praticare il senso di cittadinanza attraverso il corpo, elaborando e costruendo luoghi diffusi nel territorio.
100
Ci interessa dare risposte articolate e complesse attraverso la potenza del gruppo, della persona messa in opera per cooperare con slancio, formalizzazione e istinto.
101
La comunità del gesto si accresce grazie alle diversità dei comportamenti creando spazi creativi dell’accoglienza e dell’inclusione.
102
Le esperienze artistiche, le performance, sono un dispositivo pubblico per allenarci al gioco politico e poetico di un corpo che si muove democraticamente.
103
Viviamo gli spazi della città dichiarando il nostro diritto alla bellezza. Vogliamo allenare lo sguardo a riconoscere e mutare l’architettura preesistente.
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Il nostro operare è democratico perché include e lascia spazi di azione e di dialogo al singolo e alla comunità.
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È determinante intuire, sperimentare, cogliere gli elementi nascosti e invisibili del territorio così come dei comportamenti delle persone che li abitano. Le pratiche formalizzano gli accadimenti apparentemente insignificanti grazie ai tempi ritrovati dell’accoglienza intesa come l’assimilazione delle cose nuove.
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Il piacere del fare, la percezione positiva del corpo, il sopraggiungere di emozioni che donano coraggio, il crescente senso di fiducia nell’altro, contribuiscono alla creazione di uno spazio costruito e vissuto dai cittadini stessi.
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Le azioni coreografiche, l’attenzione alla conformazione del paesaggio, riconoscere i dettagli che compongono il territorio, memorizzare tragitti desueti, essere presenti nei luoghi ricercandone un dialogo sensibile, accudire il gesto dell’incontro, formalizzare le fasi poetiche delle pratiche nel paesaggio, immaginare nuovi luoghi, sono tutti tratti che ci proiettano nel territorio futuro che desideriamo.
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Lo spazio delle pratiche è il luogo del confronto sociale e dell’elaborazione poetica.
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La città nuova brulica di abitanti liberi, consapevoli, cooperanti.
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La nostra politica ha il dovere di riflettere e cooperare alla costruzione della città attraverso le esperienze complesse che richiedono una durata costruttiva, propria dei processi contemporanei.
111
Dobbiamo cooperare e convivere con ascolto e attenzione, attraverso azioni coraggiose che stimolano al rinnovato contatto con la natura.